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Internoitaliano

It is said that man has three different skins: the epidermis itself, the clothes, and his home.

Anthropologically speaking to inhabit a space means investing in desires, dreams, and memories; it means creating a place that is based on the identity construction of an individual who crosses and recognizes that place – it belongs to me, it does not belong to me.

“To inhabit” comes from latin habitare (frequentative of habere "to hold, have") and it should be understood in this very meaning of keep on holding or, most commonly, to dwell and be in that place. To be more specific the original meaning designates a way of being, and it denotes a quality in the sense of what is proper and specific.

The one who inhabits is an “I” who, being a body, finds his definition by placing himself in a space that he possesses and, at the same time, to which he belongs - developing projects, experiences and defining oneself in relation to others.

Si dice che l’uomo abbia tre pelli: l’epidermide, i vestiti e la casa.

 

Abitare uno spazio in senso antropologico significa investire in desideri, sogni, ricordi e creare un luogo che si fonda sulla costruzione identitaria di un soggetto che lo attraversa e lo riconosce – mi appartiene, non mi appartiene.

 

Dal latino habitare (frequentativo di habere, avere), abitare va interpretato nel senso proprio di continuare ad avere e più comunemente aver consuetudine di un luogo, esserci.

Più specificatamente il significato originario designa un modo d’essere denotando una proprietà nel senso di ciò che è proprio, specifico.

Il protagonista dell’abitare è un Io che, in quanto corpo, si definisce situandosi in uno spazio che possiede e al quale in pari tempo appartiene, maturando progetti, esperienze e definendo il sé in relazione con l’altro (da sé).

The experience of living in a house is so inherent to the sensory and emotional memory of the dweller’s soul that it is an accurate mould of the body.

The intrinsically design nature of the home does not end in its architectural dignity, but extends into the furnishings, which represents the personalization and externalization of the protagonist of the living space.

L’esperienza dell’abitazione è così intrinseca e dispiegata nella memoria sensoriale ed emozionale nell’animo stesso dell’abitante che ne è calco fedele del corpo.

 

La natura intrinsecamente progettuale dell’abitazione non si esaurisce nella sua dignità architettonica, ma si prolunga negli arredi, personalizzazione ed esternalizzazione del protagonista dello spazio che vive.

The Internoitaliano project derives from the continuous observation of the intimate reality of Italian homes.

It focuses on how people inhabit their spaces, small scraps of reality that touch the strings of our collective memory, bringing up personal memories: knick-knacks, hanging plates on walls, photographs of loved ones, bedspreads with floral decoration. All framed by wallpapers that give way to the passage of time.

These environments images crystallize portraits that are frozen in immobility: people who have lived but now no longer live, in their homes or their lives.

The image brings you inside, and becomes a gateway to a personal experience, to a protected and warm world that mirrors the soul.

These interiors bring back to us the stories of many a man who is never too different and distant from us.

Being an archaeologist, I feel the urge to discover and classify, to give a face to those who once lived in this familiar territory. My work is a portrait.

Il progetto Internoitaliano nasce dalla continua osservazione dell'intima realtà delle case italiane. Si focalizza sul modo in cui gli esseri umani abitano i loro spazi, piccoli ritagli di realtà che toccano le corde della memoria collettiva, facendo riaffiorare ricordi personali: soprammobili, piatti appesi, fotografie dei propri cari, copriletti floreali. Tutto incorniciato da carte da parati che cedono al passo del tempo che scorre.

 

Le immagini di questi ambienti cristallizzano dei ritratti fermi nell'immobilismo: persone che furono e non sono più, in casa o in vita. L’immagine trasporta dentro, diventa un gate di accesso al vissuto e a un mondo protetto, caldo, specchio dell’anima.

 

Questi interni riportano a noi storie di molti, mai troppo diversi e lontani. Il mio essere archeologo mi costringe a scoprire e classificare. A dare un volto a coloro che, un tempo, vivevano in questo territorio familiare. Il mio è un ritratto.

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